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Dott. Andrea Valli

Oculista. Microchirurgia oculare.

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PATOLOGIE

Cheratocono

Il cheratocono ovvero cornea conica abbreviato KC è una malattia degenerativa della cornea, legata a una debolezza della strutturale di origine ancora sconosciuta che colpisce 1 persona ogni 500 in Italia, con una certa prevalenza per il sesso maschile.

cura del cheratocono a torino
Si apprezza la forma conica della cornea

E’ evidente il fattore genetico: il 10% circa dei casi ha ereditato la malattia. Inoltre sono riconosciuti alcuni fattori di rischio come precedente ferite bulbari, la retinite pigmentosa, la retinopatia del prematuro, le cheratocongiuntiviti primaverili, lo strofinamento continuo dell’occhio legato al prurito cronico e all’uso di lenti a contatto. Il cheratocono si esplicita anche in pazienti affetti da ipotiroidismo, sindrome di Down, malattie del collagene e malattia atopica (come la febbre da fieno, l’eczema, le allergie alimentari).

Cosa succede alla cornea quando si è colpiti dal cheratocono?

La cornea nel nostro occhio ha la funzione di una potente lente. Quando colpita dal cheratocono la cornea perde progressivamente la propria capacità elastica e contenitiva nel contrastare la pressione intraoculare. La cornea inizia quindi a incurvarsi, assottigliarsi e si sfonda in avanti. Il paziente comincerà ad accusare dei sintomi iniziali come la miopia e l’astigmatismo fino ad arrivare ad aberrazioni di ordine superiore, come vedere degli aloni intorno alle luci. Il cheratocono nelle fasi iniziali può essere corretto con occhiali e successivamente con lenti a contatto. Se si trascura il cheratocono e lo si lascia progredire si possono formare delle microcicatrici sulla cornea che la rendono opaca. La cornea tende ad assottigliarsi sempre di più fino a perforarsi con possibile rischio di perdere non solo la vista, ma anche l’integrità del bulbo oculare.

Diagnosticare il cheratocono

La diagnosi si fa in un ambulatorio oculistico dotato di un topografo corneale. All’oculista spetta l’interpretazione delle immagini e la definizione di un piano terapeutico preciso. Purtroppo nella pratica clinica quotidiano capita di ascoltare dei pazienti che sono stati consigliati di rinviare la terapia. Molto male! Il rinvio porta ad un aggravamento del quadro clinico e al rischio più concreto di trapianto di cornea.

Cosa fare per bloccare il cheratocono?

Il moderno approccio al cheratocono consente di intervenire nelle fasi iniziali della malattia per ristabilire le capacità ottiche della cornea e arrestarne la progressione. Le terapie che abbiamo a disposizione sono il cross linking corneale, la iontoforesi, gli anelli intrastromali, fino al trapianto di cornea.

Cross Linking CXL

Il cross linking corneale è una cura innovativa del cheratocono e delle ectasie corneali. E’ in grado di evitare nella maggior parte dei casi il trapianto di cornea. Con il termine inglese di cross linking si intende la formazione di legami incrociati.
Si tratta di una terapia parachirurgica che ha come obiettivo quello di aumentare la connessione fra le fibre e la loro resistenza. Esse compongono la cornea, ed in questo modo contrastare e in buona parte dei casi arrestare l’evoluzione del cheratocono.
In una prima fase si impregna la cornea con delle gocce di collirio a base di riboflavina (vitamina B2). Successivamente si procede alla fase di irraggiamento del tessuto corneale con un fascio laser di raggi ultravioletti di tipo A (UVA) a basso dosaggio.
Per l’azione combinata della vitamina B2 e dei raggi UVA si ottiene un aumento dei ponti molecolari che conferiscono maggiore resistenza agli strati più interni della cornea, rendendola più rigida e meno soggetta al processo di sfiancamento, caratteristico del cheratocono.
Questa metodica è tanto più utile quanto più precocemente si interviene perché il cross-linking arresta l’evoluzione del cheratocono a partire dal momento in cui viene esso trattato.
Trattandosi di un intervento a bassa invasività e a bulbo chiuso, i rischi di grave compromissione funzionale connessi con la chirurgia intraoculare sono esclusi.

cheratocono

Retinite pigmentosa

La retinite pigmentosa (RP) è un gruppo di malattie genetiche caratterizzate dalla progressiva degenerazione della retina. Tutte queste malattie hanno in comune un difetto genetico della funzione dei fotorecettori e dell’epitelio pigmentato retinico (eredo-degenerazioni tapeto-retiniche).

retinite pigmentosa
Anche se definita retinite (il suffisso -ite in medicina indica una infiammazione) non è una malattia infiammatoria, ma degenerativa che determina la perdita progressiva della visione periferica e causa difficoltà nella visione notturna che può interessare anche la visione centrale. La perdita di visus può essere grave: sopra i 50 anni oltre il 50% dei pazienti affetti da retinite pigmentosa vede meno di 5/10 e 5 casi su 1000 vedono 1/20. Questa malattia genetica ha una frequenza di un caso su 4000. La legge la classifica come malattia rara, prevista per la esenzione dal pagamento del ticket per le prestazioni oculistiche.
Colpisce entrambi i sessi in egual misura. L’età di esordio è variabile, ma in genere la prima diagnosi viene posta nei giovani adulti. Entrambi gli occhi sono colpiti, il più delle volte in modo asimmetrico. I sintomi classici della retinete pigmentosa sono:

  • riduzione della capacità visiva in condizioni di penombra (emeralopia o nictalopia), variabile da qualche lentezza nell’adattamento dalla luce al buio, alle difficoltà a muoversi in locali a luce soffusa e alla guida con la nebbia al crepuscolo sino ad una vera cecità notturna.
  • calo visivo lento e progressivo spesso asintomatico. I famigliari che il paziente spesso inciampa, boccia la macchina, non riesce in sport come il tennis e la pallacanestro dove è importante la visione periferica.
  • fotopsie (percezione di flash) che possono essere continui.

A tutt’oggi non esiste nessuna cura che possa efficacemente contrastare o tantomeno guarire la retinite pigmentosa. Naturalmente chi soffre di questa patologia deve affrontare nella vita di tutti i giorni una serie di difficoltà, sia sotto l’aspetto psicologico, che per ciò che riguarda la scuola, il lavoro, gli spostamenti, le relazioni interpersonali. La scienza e la tecnologia stanno facendo molta sperimentazione per cui può essere utile, in prospettiva delle future conquiste tecnologiche, cercare di mantenere la propria retina nelle condizioni migliori possibili, con uno stile di vita che contempli una dieta equilibrata e ricca di principi attivi (verdure a foglia verde, frutta, pesce azzurro fresco…).
L’esposizione alla luce solare intensa va evitata e l’utilizzo di speciali lenti filtranti che assorbono l’ultravioletto e la luce blu, riducendone l’effetto tossico sulla retina, va raccomandato negli ambienti aperti. Tali lenti medicali, pur costose, aumentano la sensibilità al contrasto e riducono l’abbagliamento e la fotosensibilità.

Retinite pigmentosa in breve

La retina subisce un progressivo deterioramento, perdendo la capacità di trasmettere al cervello le informazioni visive. I sintomi principali sono cecità notturna, reazione alla luce eccezionalmente forte (abbagliamento), limitazione del campo visivo. Si accompagna anche a cataratta o sordità, manifestazioni queste legate direttamente alla retinite pigmentosa. Persone affette da retinite pigmentosa possono essere miopi, ipermetropi, soffrire di deformazioni della cornea, strabismo e altro.

retinite pigmentosa

Cataratta

La Cataratta è un opacamento progressivo del CRISTALLINO (la lente naturale collocata dietro l’iride). Il cristallino è costituito:

  • da una parte centrale (nucleo);
  • da una parte periferica (corticale anteriore e posteriore);
  • da un involucro (capsula).

Generalmente la cataratta si sviluppa lentamente e senza causare dolore. Può insorgere in entrambi gli occhi, anche se di norma un occhio viene interessato prima dell’altro. Il sintomo più comune è l’annebbiamento della vista. È come se avessimo un velo sull’occhio: inutile quindi sbattere ripetutamente le palpebre per rimuoverlo o pulire le lenti degli occhiali credendole appannate! Il paziente affetto da cataratta può avvertire i seguenti sinomi:

  • un calo progressivo della vista;
  • una visione offuscata;
  • un abbagliamento all’aperto;
  • i colori sembrano meno vivaci;
  • in molti casi la comparsa (o se già presente, l’aumento) della miopia.

Lo sviluppo della cataratta è dovuto ad un processo degenerativo delle proteine costituenti il cristallino. Esistono diversi fattori che ne predispongono l’insorgenza tra i quali età, fumo, traumi oculari, esposizione a raggi UVB, diabete, assunzione di corticosteroidi, e fattori ambientali, tossici, nutrizionali e genetici.

L’unica terapia possibile è quella chirurgica. Essa consiste nella rimozione del cristallino opaco con la sostituzione di quest’ultimo con un cristallino artificiale o lentina intraoculare (Intra Ocular Lens o I.O.L.).

L’intervento prevede l’impiego di ultrasuoni: la diffusa credenza circa l’uso del laser è falsa e infondata.

Il dr. Andrea Valli per rimuovere la cataratta utilizza tecniche di microchirurgia oculare all’avanguardia.

cataratta torino

Glaucoma

Con glaucoma si intende un insieme di malattie dell’occhio caratterizzate da un danno progressivo del nervo ottico, che è la connessione tra l’occhio e la corteccia cerebrale occipitale (la regione del cervello deputata alla visione).

Il glaucoma si instaura per un aumento della pressione intraoculare (IOP). Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità colpisce circa 55 milioni di persone nel mondo ed è una delle principali cause di disabilità visiva dopo la cataratta e le maculopatie.

glaucoma-torino

Recenti studi hanno dimostrato che il 2% della popolazione italiana sopra i 40 anni soffre di glaucoma, con una maggiore prevalenza al Nord (48%), seguito dal Sud (28%) e dal Centro (24%). Nei prossimi anni ci si aspetta un aumento della malattia del 33% dovuto al progressivo invecchiamento della popolazione.

Il glaucoma se non diagnosticato e curato può portare a cecità. Il fattore di rischio più importante per il glaucoma è l’età, oltre ad eventuali fattori ereditari. Superati i 40 anni è quindi consigliabile effettuare, anche in assenza di sintomi, una visita oculistica completa.

In condizioni normali, i valori della pressione intraoculare (IOP) oscillano tra 12 e 20 mmHg, e dipendono essenzialmente dall’equilibrio tra la quantità di umore acqueo prodotta in maniera continua dalla pars plicata del corpo ciliare e quella smaltita attraverso il trabecolato a livello dell’angolo camerulare.

Essenzialmente tale condizione oculare consegue a turbe della circolazione dell’umor acqueo, riconducibili nella maggior parte dei casi ad un rallentamento/impedimento del deflusso dell’umor acqueo, meno frequentemente ad un incremento della produzione dello stesso, entrambe esitanti in ipertono oculare.

Il glaucoma è fondamentalmente distinto in: glaucoma ad angolo aperto, glaucoma ad angolo chiuso e glaucoma congenito.

Da un punto di vista patogenetico, nel glaucoma ad angolo aperto l’incremento della pressione intraoculare è causato dall’aumento delle resistenze nelle vie di deflusso, mentre in quello ad angolo chiuso l’ostruzione al deflusso è dovuta alla chiusura dell’angolo della camera anteriore da parte della radice iridea.

Alcuni esami devono essere ripetuti ad intervalli regolari per riconoscere precocemente un segno di glaucoma.

La diagnosi è semplice quando la malattia si manifesta nella sua classica triade (ipertono, deficit perimetrici, atrofia con escavazione della papilla) in occhio con angolo camerulare normalmente ampio.

Nella maggior parte dei casi tuttavia l’unico segno obiettivo rilevabile nelle fasi iniziali è un valore del tono oculare superiore ai 21 mmHg, pertanto, la tonometria riveste un ruolo di peculiare importanza per porre diagnosi di glaucoma.
Fondamentale per la diagnosi è anche l’esame del campo visivo, che può essere effettuato con la perimetria manuale, usando il perimetro di Goldmann, o con la perimetria computerizzata.

Attualmente la perimetria computerizzata rappresenta l’esame di scelta sia per la diagnosi che per il follow-up dei pazienti glaucomatosi, grazie all’utilizzo di un software specifico.

Il trattamento del glaucoma si basa sulla riduzione della quantità di umore acqueo all’interno dell’occhio, abbassando quindi la pressione endooculare, che può essere ottenuta con farmaci, con il laser o con la chirurgia.

La terapia medica del glaucoma ad angolo aperto si avvale dei seguenti farmaci: betabloccanti, miotici, inibitori dell’anidrasi carbonica ed analoghi delle prostaglandine.

Nel caso in cui la terapia medica non abbia effetto, si procede alla terapia chirurgica.

L’intervento più diffuso è la trabeculectomia, intervento fistolizzante che ha lo scopo di creare una via artificiale di deflusso grazie al quale l’umor acqueo fuoriesce dalla camera anteriore, riempie lo spazio sottocongiuntivale, formando la cosiddetta bozza filtrante, e viene riassorbito dal tessuto e dai vasi congiuntivali. Questo intervento è caratterizzato dalla presenza di una lamella di sclera che, coprendo l’apertura bulbare, crea una barriera all’eccessivo deflusso di acqueo ed all’ingresso di agenti patogeni e minimizza le complicanze.
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