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Dott. Andrea Valli

Oculista. Microchirurgia oculare.

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PATOLOGIE

Ptosi palpebrale congenita

Per ptosi palpebrale si intende un anomalo abbassamento della palpebra superiore o inferiore di uno o entrambi gli occhi. Nel più comune caso di ptosi superiore, la palpebra viene a coprire in parte o totalmente la pupilla, l’iride e altre parti dell’occhio per cui la visione può risultare fortemente limitata.

Inoltre, se presente in forma abbastanza grave, la palpebra cadente può causare nei bambini altri disturbi, come l’ambliopia, la cosiddetta sindrome dell’ “occhio pigro” che consiste nella scarsa visione in un occhio dovuta ad un mancato sviluppo del normale sistema visivo durante la prima infanzia. Oltre a costituire un danno dal punto di vista estetico la ptosi palpebrale è dunque un problema da risolvere per riacquisire la piena funzionalità visiva.

Che cosa determina la ptosi palpebrale congenita

Nel caso sia congenita, cioè presente nella persona affetta fin dalla nascita, la ptosi palpebrale può essere determinata da diversi fattori:

– la principale causa è di natura distrofica: il muscolo deputato a sollevare la palpebra superiore cioè non ha avuto uno sviluppo embrionale normale ed è stato parzialmente o totalmente sostituito da tessuto adiposo e connettivo. Ne consegue un deficit della funzione contrattile e quindi della normale apertura dell’occhio;

– difetti genetici o cromosomici o disfunzioni neurologiche tali da causare una malformazione facciale o generale;

– un’anomalia della motilità oculo-palpebrale dovuta ad un’ insufficiente attività del muscolo retto superiore o ad una paralisi congenita del III nervo cranico,

– sindrome di Marcus Gunn.

Come curare la ptosi palpebrale congenita

Nei casi di ptosi lievi, il trattamento consigliato è quello di effettuare regolarmente specifici  esercizi oculari volti a  rafforzare i muscoli deboli e correggere il problema. Alternativamente possono essere utilizzate soluzioni non chirurgiche, come l’uso di occhiali “stampella” o di speciali lenti a contatto sclerali ideate per sostenere la palpebra. Nei casi invece di ptosi grave l’unica via percorribile è quella chirurgica. Previa accurata visita per verificare le condizioni del paziente (età, grado della ptosi, funzionalità del muscolo elevatore, misurazione della capacità visiva ed esame del fondo oculare), il chirurgo procede all’intervento può essere di due tipi:

–  sospensione della palpebra al muscolo della fronte, mediante un filo che può essere sintetico o prelevato dal paziente stesso (solitamente da una fascia di un muscolo della tempia/fascia temporale o dalla coscia/fascia lata)

– potenziamento del muscolo elevatore della palpebra superiore mediante un accorciamento del muscolo

L’intervento si può eseguire anche in età pediatrica e i risultati sono di norma sempre molto soddisfacenti. La durata, che varia a seconda del tipo di intervento, è da 1 ora alle 2 ore circa. Nei bambini si svolge generalmente in anestesia generale, nell’adulto invece si preferisce un’anestesia con sedazione, o solo un’anestesia locale. Rigonfiamenti palpebrali con lividi sono del tutto naturali e spariscono dai 7 ai 14 giorni circa dopo l’intervento.

Degenerazione maculare

Degenerazione maculare

La zona centrale della retina, detta macula, è soggetta ad un progressivo processo degenerativo che, benché non comporti la cecità assoluta, può però portare alla perdita completa ed irreversibile della visione centrale. Tale processo è detto degenerazione maculare ed è causato da diversi fattori, primo fra tutti il naturale invecchiamento dell’occhio. Si parla in questo caso di degenerazione maculare senile, patologia che riguarda circa il 20% della popolazione mondiale con una incidenza addirittura del 41% presso i paesi occidentali più benestanti in cui l’età media della popolazione è notevolmente cresciuta. La degenerazione maculare senile si presenta con una prevalenza maggiore fra gli individui di sesso femminile e di norma colpisce le persone dopo i 65 anni di età.
Un secondo fattore che può condurre a degenerazione maculare è di natura genetica: fra le persone con parenti di primo grado affetti da questo tipo di maculopatia il rischio di sviluppare la malattia è infatti maggiore, anche a età non avanzata, attorno ai 40 anni. In questi casi, come misura preventiva, sarebbe utile sottoporsi ogni anno, a partire dal quarantesimo anno di età, ad una visita oculistica.

Diverse tipologie di degenerazione maculare

La malattia si presenta in due forme:

  • la forma secca: dall’evoluzione lenta e non prevedibile nei tempi è forma la più comune. E’ caratterizzata da un’atrofia più o meno estesa dell’epitelio pigmentato. Con l’invecchiamento cioè si riduce l’apporto di sangue e di elementi nutritivi ai tessuti della retina che progressivamente si deteriorano e si assottigliano. Le cellule, scarsamente nutrite dai capillari della retina centrale, si atrofizzano.
  • la forma umida o essudativa: è decisamente più rara ma più grave. Ha un andamento rapido ed è causata dal fatto che, al di sotto della macula indebolita, si formano alcuni vasi sanguigni anomali inglobati in sottili membrane neovascolari dalla parete molto fragile. Se questi neovasi si danneggiano lasciano fuoriuscire del liquido essudativo (il plasma, la parte liquida del sangue) con conseguente danno delle cellule fotosensibili della macula.

Sintomi della degenerazione maculare

Una drastica riduzione del campo visivo è il primo sintomo dell’insorgenza di degenerazione maculare. Poiché la malattia colpisce la parte della retina deputata alla visione centrale, cioè alla distinzione dei dettagli più fini delle immagini ed al riconoscimento dei colori, è evidente che chi ne è affetto riscontra una perdita della visione al centro del campo visivo. Lo stimolo luminoso non viene percepito per riduzione o assenza di sensibilità della retina e si ha il cosiddetto scotoma negativo. La metamorfopsia, cioè la percezione alterata e distorta delle immagini, è un altro sintomo tipico: la persona affetta non riesce più a distinguere bene le linee dritte e, ad esempio, non riesce più a leggere in quanto le lettere su fissa l’attenzione appaiono confuse e distorte. Anche attività quotidiane come guardare la televisione o guidare l’automobile risultano impossibili.

Prevenire la degenerazione maculare

La prevenzione sembra essere l’arma migliore per evitare l’insorgere delle degenerazione maculare, in particolare nella sua forma secca. E’ stato infatti riscontrato che esistono numerosi fattori di rischio tutti strettamente collegati alle condizioni di vita, allo stress e ad un’alimentazione sbagliata. Il fumo ad esempio aumenta notevolmente il rischio di incorrere nella malattia: i fumatori sviluppano la patologia 5-10 anni prima dei non fumatori ed hanno un rischio doppio di andare incontro alla più pericolosa forma umida o neovascolare. Anche l’alcol, riducendo la quantità degli antiossidanti presenti nell’organismo, favorisce l’insorgenza della malattia, così come una dieta troppo ricca di grassi e colesterolo e povera di vitamine e antiossidanti, il forte sovrappeso e l’ipertensione. Infine anche l’eccessiva esposizione alla luce solare durante la vita contribuisce alla maculopatia.

Curare la degenerazione maculare

Mentre la degenerazione maculare nella sua forma secca risulta purtroppo non trattabile, per quella umida esiste la possibilità di effettuare alcuni tipi di intervento. I farmaci antiangiogenici, la terapia fotodinamica, la laserterapia fino alla più drastica rimozione chirurgica della membrana sono i principali trattamenti praticabili per la cura della degenerazione maculare.

Sindrome dell’occhio secco

La sindrome dell’occhio secco è una diffusa patologia oculare causata da un’alterazione del film lacrimale. Le lacrime sono composte prevalentemente da acqua a cui si aggiungono elettroliti, proteine, grassi ed altre sostanze organiche indispensabili per la salute dell’occhio. Le lacrime infatti servono per tenere lubrificato l’occhio e proteggerlo dalle possibili infezioni eliminando meccanicamente gli agenti patogeni. Nello specifico compiono le seguenti funzioni:

  • lubrificano e nutrono la cornea;
  • contribuiscono al potere refrattivo dell’occhio, costituendo la superficie di contatto tra cornea e aria;
  • svolgono un’ azione antibatterica.

Se quindi la lacrimazione è scarsa o addirittura assente, o se alcune delle sostanze presenti nelle lacrime non vengono prodotte in maniera sufficiente, la cornea, cioè la delicata parte trasparente dell’occhio, ne risente in modo anche grave.

Tipologie e cause della sindrome dell’occhio secco

Le sindrome da occhio secco si distingue in primaria e secondaria a seconda che sia causata da due diverse tipologie di fattori. Si parla di sindrome primaria quando la patologia è causata da una malattia autoimmune, come ad esempio il lupus eritematoso sistemico, l’artrite reumatoide, la sclerodermia o la sindrome di Sjögren. Si definisce invece sindrome secondaria quella causata da un’eccessiva vaporizzazione del film lacrimale. Questa iper vaporizzazione è a sua volta determinata da fattori anche molto diversi fra loro:

  • malattie (blefariti, congiuntiviti),
  • errato od eccessivo utilizzo di lenti a contatto e/o colliri,
  • assunzione di farmaci (in particolare ormoni, immunosoppressori, decongestionanti, antistaminici, diuretici, antidepressivi, betabloccanti, farmaci per le malattie cardiache e per il trattamento delle ulcere),
  • età avanzata…

Sintomi della sindrome dell’occhio secco

Le persone che soffrono di sindrome dell’occhio secco riscontrano principalmente i seguenti sintomi:

  • bruciore;
  • sensazione di avere di un corpo estraneo (sabbia negli occhi);
  • difficoltà di apertura delle palpebre, specialmente al risveglio;
  • fotofobia, cioè intolleranza alla luce.

Nei casi più gravi poi può insorgere dolore e annebbiamento della vista.

Come curare la sindrome dell’occhio secco

A seconda della gravità del problema e delle cause che l’ hanno determinata, la sindrome dell’occhio secco si può affrontare in tre diverse e spesso complementari modalità:

  1. modificando le proprie abitudini e adottando una serie di accorgimenti utili come evitare ambienti di vita o di lavoro troppo secchi con riscaldamento troppo elevato e scarso ricambio di aria fresca; effettuare frequenti pause se si lavora di fronte a monitor; bere molto e mangiare più frutta e verdura per aumentare l’idratazione generale dell’organismo;
  1. tramite una terapia farmacologica a base di colliri o gel (lacrime artificiali) formati da sostanze che possiedono l’azione detergente, lubrificante e disinfettante delle lacrime naturali;
  1. utilizzando particolari lenti a contatto che, non appoggiandosi sulla cornea ma sulla congiuntiva, proteggono la superficie oculare dall’effetto abrasivo delle palpebre.

Strabismo

Lo strabismo è un difetto visivo determinato dalla mancata convergenza degli assi visivi dei due occhi. A causa cioè di una mancanza di coordinamento tra i muscoli oculari, gli occhi non riescono ad orientare lo sguardo sullo stesso obiettivo, dando origine al caratteristico “sguardo storto”. Lo strabismo viene distinto a seconda della direzione di uno o entrambi gli occhi rispetto al punto di fissazione:

  • strabismo convergente od esotropia: quando un occhio guarda dritto e l’altro devia verso l’interno;
  • strabismo divergente od exotropia: quando un occhiog uarda dritto e l’altro devia verso l’esterno;
  • strabismo verticale: quando un occhio guarda dritto e l’altro devia verso l’alto oppure verso il basso, (si parla rispettivamente di ipertropia ed ipotropia).

Che cosa causa lo strabismo

Lo strabismo è determinato da un malfunzionamento dei muscoli oculari estrinseci. Tale malfunzionamento è a sua volta causato da diversi fattori quali:

  • lesione nervosa, infiammatoria o traumatica,
  • paresi di uno dei muscoli oculari,
  • paresi di origine cerebrale,
  • traumi cranici,
  • malattie vascolari,
  • malattie infettive,
  • degenerative del sistema nervoso centrale,
  • diabete

In altri casi invece lo strabismo è la conseguenza di vizi refrattivi non corretti, (l’ipermetropia ad esempio determina frequentemente strabismo convergente), mentre nel caso di strabismo congenito non è legato ad altre alterazioni oculari.

Come correggere lo strabismo

Correggere lo strabismo è molto importante, non solo a fini estetici ma funzionali. Questo difetto infatti ostacola la corretta visione binoculare (cioè quel meccanismo sensoriale che consente, guardando con due occhi, di vedere sempre una sola immagine) e può influenzare negativamente la percezione della profondità. Nell’adulto, l’insorgenza dello strabismo provoca una visione doppia (= diplopia) in quanto il cervello, abituato ad utilizzare le immagini provenienti da entrambi gli occhi, non è in grado di eliminare l’immagine dell’occhio deviato. Il risultato è un costante senso di disorientamento e vertigini. Nei bambini invece lo strabismo è strettamente collegato all’ambliopia, la cosiddetta sindrome dell’“occhio pigro”, una condizione caratterizzata da una ridotta acuità visiva da un occhio anatomicamente normale. I trattamenti più comuni per la correzione dello strabismo sono:

  • trattamento ottico: utilizzo di lenti e, nel caso sia presente anche ambliopia, utilizzo di supporti di occlusione diretta ( ad esempio bende adesive o filtri semitrasparenti posti sugli occhiali) per stimolare al massimo l’occhio “pigro”, ripristinandone la piena funzionalità.
  • trattamento chirurgico: l’operazione chirurgica viene utilizzata nei casi più difficili e di maggiore entità, anche su adulti quando si è riscontrato che la correzione ottica non ha migliorato la situazione. L’intervento chirurgico, praticato in anestesia generale nei bambini e in anestesia locale negli adulti, consente di intervenire sui muscoli dell’occhio, in modo da mettere gli occhi il più possibile in asse: praticando un’incisione sulla congiuntiva, il chirurgo strabologo può accedere ai muscoli oculari e intervenire su di essi accorciandoli o modificandone la posizione dell’inserzione sul bulbo.

cura strabismo a torino

Retinopatia diabetica

Retinopatia diabetica

Con il termine glicemia si indica la concentrazione di zucchero (glucosio) presente nel sangue.Lo zucchero è un nutrimento fondamentale perché le cellule del corpo rimangano vive e attive ma deve rimanere entro parametri ben definiti altrimenti possono insorgere gravi malattie, prima fra tutte il diabete. In una persona malata di diabete la glicemia è infatti eccessivamente elevata: ciò porta al danneggiamento dei reni, dei vasi sanguigni, del cuore, dei nervi e degli occhi. Proprio gli occhi sono soggetti allo sviluppo di una grave patologia detta retinopatia diabetica, una delle più diffuse cause di cecità nei paesi sviluppati. Tale malattia è il risultato di un danno accumulato nel lungo periodo a carico dei piccoli vasi sanguigni della retina.

Tipologie di retinopatia diabetica

La retinopatia diabetica si distingue in:

  • retinopatia proliferante: caratterizzata dalla proliferazione di piccoli vasi che invadono la retina (neovascolarizzazione). I nuovi vasi sono molto fragili e soggetti a frequenti emorragie che possono portare alla trasudazione della parte liquida del sangue in prossimità della regione maculare con conseguente danno alla retina (si parla in questo caso di edema maculare diabetico)
  • retinopatia non proliferante: il diabete causa microaneurismi, cioè dilatazioni più o meno grandi e numerose della parete dei vasi retinici indeboliti, in cui il sangue ristagna. I vasi retinici indeboliti possono sanguinare, producendo emorragie retiniche, edema e/o ischemia.

Sintomi e diagnosi della retinopatia diabetica

Il calo progressivo od improvviso della vista, fino all’ipovisione e, nei casi più gravi, alla cecità sono i sintomi caratterizzanti la patologia. Tuttavia la retinopatia diabetica è una malattia subdola in quanto, in molti casi, asintomatica fino ad uno stadio avanzato. La persona cui è stato diagnosticato deve dunque effettuare tempesivi e regolari controlli dall’oftalmologo che, tramite l’osservazione del fondo oculare ed esami specifici come la retinografia e la fluorangiografia, può  valutare l’eventuale presenza di liquido nei tessuti della retina e la sua evoluzione nel tempo.

Prevenire e curare la retinopatia diabetica

Poiché la retinopatia diabetica è una diretta conseguenza del diabete è evidente che la migliore strategia consiste nell’ evitare l’insorgere della malattia o, se è già stata diagnosticata, mantenere il livello del glucosio nei giusti parametri. I diabetici devono controllare anche più volte al giorno il proprio livello di glicemia per assumere ogni giorno con iniezioni la dose giusta di insulina. Inoltre per la persona diabetica è fondamentale attuare tutte quelle strategie comportamentali che migliorano il decorso della malattia e prevengono le complicazioni:

  • mantenere il giusto peso corporeo,
  • curare l’alimentazione limitando i carboidrati (zuccheri e amidi),
  • smettere di fumare,
  • praticare con costanza un’attività sportiva, anche blanda ma quotidiana.

Nel caso invece la patologia sia già ad uno stadio avanzato, la fotocoagulazione della retina con il laser per bloccare le alterazioni vascolari o la più drastica asportazione del corpo vitreo (vitrectomia) possono essere strade percorribili.

Distacco di retina

distacco di retinaIl distacco di retina è la separazione della retina dal tessuto sottostante, la coroide. Si manifesta con la comparsa di una tenda o di un’ombra scura nel campo visivo, dovuta alla porzione di retina staccata che non lavora più.

Spesso è preceduto dalla comparsa improvvisa di flash di luce (fotopsie) o di corpi mobili (miodesopsie) nel campo visivo.

In condizioni normali, la retina è aderente da un lato al suo strato sottostante, la coroide, mentre sul versante interno è tenacemente adesa in alcuni punti al vitreo mentre lo è molto meno nelle restanti parti.

Con il passare degli anni il gel vitreale va incontro a una progressiva degenerazione che lo porta nel tempo a disidratarsi e a liquefarsi.

Col tempo questa trasformazione porta il vitreo a distaccarsi dalla retina, rimanendo aderente solo nei punti di maggiore adesione: questo è un evento fisiologico, che accade in sostanza a chiunque.

Con i bruschi movimenti della testa e del corpo, il vitreo produce inevitabilmente delle trazioni su queste zone, determinando talvolta la formazione di una rottura. A questo punto la componente acquosa del gel vitreale può insinuarsi dietro la retina distaccandola più o meno estesamente, a seconda della posizione della rottura.

Cause e sintomi del distacco di retina

Il distacco di retina si verifica più di frequente in soggetti di età media con miopia medio-elevata. Colpisce circa 1 persona su 10.000 ogni anno. La causa più frequente di distacco di retina è la comparsa di una rottura retinica, ma altri fattori di rischio sono la miopia elevata, l’intervento chirurgico per l’estrazione della cataratta e i traumi.

Il sintomo più comune è la visione di una tenda o di un’ombra scura nel campo visivo, dovuta alla porzione di retina staccata che non lavora più.  Spesso un distacco di retina è preceduto dalla comparsa improvvisa di flash di luce (fotopsie), spie di una trazione da parte del vitreo sulla retina, con creazione di una rottura retinica. Oppure si possono percepire corpi mobili (miodesopsie) nel campo visivo.

Il dolore non è mai presente.  In presenza di questi sintomi associati o meno ad un calo della vista è necessaria una visita oculistica urgente in quanto un trattamento immediato può ridurre al minimo i danni per l’occhio colpito.

Presbiopia

Le nuove tecniche consentono di sbarazzarsi degli occhiali.

La presbiopia non è una malattia, ma un fenomeno naturale legato all’invecchiamento. Anche chi da giovane vede benissimo sa che prima o poi dovrà fare i conti con un paio di occhiali per scrivere e leggere.

Purtroppo la presbiopia non può essere prevenuta, ma solo trattata. Come? I metodi non sempre sono soddisfacenti per il “paziente”. E’ noto che il metodo più semplice per supplire alla funzione accomodativa sono i semplici occhiali.

Spesso le persone confondono i sintomi della presbiopia con quelli dell’ipermetropia. Le due hanno però cause differenti: l’ipermetropia (che è una patologia) è il risultato di una deformazione della cornea, mentre la presbiopia è dovuta ad una perdita di flessibilità nel cristallino.

In assenza di altri difetti visivi come la miopia, la ipermetropia e astigmatismo si utilizzano i classici occhiali monofocali da indossare al bisogno.


Le lenti multifocali sono indicate nei casi in cui la presbiopia si somma ad altri difetti visivi e consentono una buona messa a fuoco a tutte le distanze. Richiedono però una fase di adattamento per sfruttarne le potenzialità al meglio.

Oltre agli occhiali anche le lenti a contatto esistono in versione multifocale anche se la qualità visiva non sempre è ottimale. Coloro che già portano lenti a contatto si adattano più rapidamente.

Più recentemente nuove metodiche chirurgiche promettono di risolvere il problema degli occhiali. Grazie a delle particolari lentine intracorneali realizzate appositamente per questo problema.

Queste microlenti vengono impiantate in una microtasca creata dal Laser nello spessore della cornea. Si tratta di lenti davvero molto piccole con un diametro di appena 3 mm e uno spessore minore di 20 micron e, quando posizionate nello stroma corneale, sono pressoché invisibili.

La zona centrale della lente non ha potere refrattivo, mentre la zona periferica ha potere refrattivo positivo per garantire la visione da vicino. Lo specialista può rimuovere facilmente la lente e sostituirla nel caso sia necessaria nel corso degli anni una lente di maggiore potenza. Tutto il trattamento richiede pochi minuti ed è indolore.

Impianto di lenti multifocali
In caso di presenza di cataratta in pazienti di età più matura si procede alla rimozione del cristallino e all’impianto si una nuova lente multifocale. La multifocalità del cristallino artificiale impiantato permette la ricezione contemporanea di immagini a fuoco a tutte le distanze (guarda il video sotto).

cura presbiopia

Miopia

La miopia è un difetto di rifrazione (o ametropia) così come l’ipermetropia e l’astigmatismo. I difetti refrattivi colpiscono una larga parte della popolazione (in media 2 su 5).

Nella miopia i raggi luminosi provenienti da un oggetto situato all’infinito vanno a fuoco davanti alla retina (occhio troppo lungo o cornea troppo curva).

Il miope per correggere questo difetto deve utilizzare lenti negative che hanno effetto divergente e consentono di spostare indietro il punto di concentrazione della luce, neutralizzando l’eccessiva curvatura corneale.

Oltre agli occhiali il paziente miope può usufruire anche delle lenti a contatto e della chirurgia rifrattiva (o refrattiva). La chirurgia refrattiva consente di intervenire su un difetto di rifrazione in 3 modi:

  • modificando la forma della cornea;
  • sostituendo il cristallino con una lente intraoculare;
  • aggiungendo una lente intraoculare tra cornea e cristallino, davanti o dietro l’iride senza rimuovere il cristallino.

CHERATOTOMIA RADIALE

Tecnica messa a punto dalla scuola russa,  abbandonata con l’avvento del  laser ad eccimeri, consentiva di correggere fino a 6 diottrie.

CHERATECTOMIA

Con l’introduzione negli anni ’90 del laser ad eccimeri, questa tecnica si è diffusa molto rapidamente. Il laser applicato sulla cornea vaporizza istantaneamente il tessuto (fotocheratectomia) con altissima precisione e rimodella la superficie corneale anteriore.

A seconda delle modalità di accesso abbiamo la:

PRK o PhotoRefractiveKeratectomy, la LASEK), il chirurgo disepitelizza la cornea con una spatolina metallica o uno spazzolino rotante, oppure direttamente con il laser (PRK transepiteliale).

LASEK
 (LAser SubEpithelial Keratomileusis), l’epitelio viene esposto all’effetto di una soluzione alcolica al 20% mantenuta a contatto per circa 20 secondi.

Epi-LASIK uno strumento simile al microcheratomo trova il clivaggio e separa meccanicamente l’epitelio dagli strati sottostanti. I laser più moderni consentono l’ablazione diretta (transepiteliale, ovvero attraverso l’epitelio) senza alcun contatto chirurgico.

Nella LASIK, LASer In situ Keratomileusis, l’azione del laser è fatta precedere dalla creazione di un lembo che rimane attaccato al margine corneale mediante una cerniera. e poi riposizionato nella sede originaria.

Il taglio può essere eseguito con strumento meccanico (microcheratomo) oppure con un laser ad effetto fotomeccanico (laser a femtosecondi).

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