Il campo visivo si può definire come la porzione di spazio che un occhio, posato su un punto fisso, riesce a percepire davanti a sé.
E’ evidente che una riduzione del campo visivo dai parametri definiti normali (circa 60° nasalmente, 50° superiormente, 90° temporalmente e 70° inferiormente) indica una modificazione più o meno estesa e/o più o meno profonda della sensibilità retinica e può essere sintomo di patologie oculari anche gravi.
L’analisi del campo visivo, detta campimetria, è dunque fondamentale per evidenziare la corretta funzionalità della retina e valutare l’eventuale presenza di lesioni alle vie nervose che si originano da questa sezione dell’occhio.
La campimetria viene oggi effettuata tramite apparecchiature computerizzate che consentono una diagnosi estremamente accurata.
E’ un esame rapido (circa 15- 20 minuti per occhio), assolutamente non doloroso e che non necessita anestesia. Al paziente viene chiesto di porsi di fronte ad un apparecchio detto campimetro. Si tratta di una semicupola illuminata tenuamente sul cui sfondo bianco vengono proiettati, come dei piccoli flash, stimoli luminosi di varia forma ed intensità. Il medico copre un occhio del paziente e gli chiede di fissare con l’altro occhio un punto situato nel mezzo della zona bianca del campimetro; ogni volta che il paziente vede le lucine deve azionare un pulsante. Dopo aver analizzato analogamente anche l’altro occhio, tutte le zone, viste e non, vengono indicate in un tracciato che è subito esaminato dal medico.
Il CVC (Campo Visivo Computerizzato) è un esame fondamentale per la diagnosi di glaucoma, una grave patologia degenerativa del nervo ottico, di malattie a carico della retina come la retinopatia ipertensiva e anche di alcune patologie del cervello che limitano il campo visivo.