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Dott. Andrea Valli

Oculista. Microchirurgia oculare.

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Impiego del laser Nd – Yag in campo oftalmologico

P. Negro, G. Bellone*, A. ValliI*
*Ospedale Oftalmico di Torino – Div. Traumatologia ed Ergoftalologia – Primario: Prof. G. Bellone

L’avvento del laser Nd -Yag in oftalmologia, ha aperto nuove possibilità di trattamento in svariate affezioni oculari. In questa sede noi ci occuperemo di quei casi in cui questo tipo di intervento è l’unico possibile, trattandosi di occhi in cui la chirurgia classica è pressochè impossibile o sconsigliabile ad effettuarsi.
Casi di questo genere si possono suddividere in due categorie:

  1. Lesioni in cui un intervento chirurgico decreterebbe molto probabilmente la perdita del bulbo.
  2. Lesioni che pur trattabili chirurgicamente, non lo sono per le condizioni del paziente.

Il primo gruppo, cioè quei casi in cui le condizioni oculari controindicano l’intervento, è il più interessante ed è quello su cui è incentrata questa comunicazione. Di questo gruppo una grossa percentuale di casi è da attribuirsi alle conseguenze di lesioni traumatiche, tra le quali:

  1. Bulbi tendenti alla subatrofia per lesioni più o meno gravi dei corpi ciliari.
  2. Esiti di contusioni gravi con o senza rottura corneo-sclerale.
  3. Ferite perforanti dell’iride e dei corpi ciliari con conseguente emorragia, esitante in retrazioni cicatriziali.
  4. Briglie cicatriziali che stirano gruppi di corpi ciliari avviando il bulbo in subatrofia.

I casi sopracitati e sottoposti ad intervento chirurgico nel tentativo di ridare una funzionalità visiva, hanno molto spesso visto un succedersi di reinterventi chirurgici, concludentesi, in un’altra percentuale dei casi nelle nucleazioni.
Il laser da noi utilizzato è un laser Nd-Yag mode-locked, pico-secondi, con energia massima del fascio laser nel punto di utilizzazione compreso tra 3 e 4,5 milli joule per impulso. Presentiamo alcuni esempi di casi trattati, quelli più significativi e quelli ove la documentazione del trattamento è risultata più soddisfacente.
Il primo caso si tratta di un paziente di 38 anni colpito da un corpo estraneo perforante nell’occhio di sinistra, esitante in una cataratta traumatica ed emorragie vitreale. Il paziente era stato sottoposto ad un primo intervento con estrazione del corpo estraneo via pars plana.
In un secondo intervento si è proceduto ad una suzione delle masse residue e alla rimozione di tralci fibrinosi presenti in camera anteriore. Dopo 4 anni dal trauma il paziente presentava una seclusio pupillare per la presenza di residui lenticolari e di vitreo addensato. Le strutture posteriori non risultavano esplorabili.
Il visus era ridotto alla percezione luce. Abbiamo sottoposto il paziente a 2 sedute laser per un totale di 100 impulsi circa. Alla fine del trattamento si è potuto creare un’apertura centrale ed il visus con lenti corneali è salito a 2/10.
Il secondo caso è quello di un ragazzo di 14 anni colpito da schegge di vetro nell’occhio destro 4 anni orsono.
Estratti i corpi estranei, residuava cataratta totale ed emorragia vitreale. Giunto alla nostra osservazione presentava una subatrofia bulbare per stiramento dei processi ciliari da parte di grossolane briglie vitreali. Il tono oculare era ridotto a 4-6 mm di mercurio. Abbiamo sottoposto il paziente a 3 sedute laser per un totale di 200 impulsi atti a liberare parzialmente i processi ciliari dallo stiramento da parte del materiale lenticolare residuo e vitreale.
Il tono oculare a 3 mesi dal trattamento, risulta essere stabilizzato a 12-14 mm di mercurio. Nel 3° caso solo un gruppo dei corpi ciliari vengono stirati da briglie vitreali. Abbiamo eseguito un taglio di tali aderenze agendo perpendicolarmente alla direzione di trazione massima. Quando la trazione è notevole sono sufficienti pochi impulsi per la sezione di tale bande di trazione. Anche in questo caso si è ottenuto un miglioramento del tono oculare.
L’ultimo caso che presentiamo si tratta di un paziente sottoposto ad intervento di cataratta traumatica tre anni or sono. Un grosso residuo lenticolara, spesso, aderente al bordo pupillare interessava l’area pupillare lungo l’asse ottico. Soggettivamente il paziente lamentava un annebbiamento visivo ed una riduzione del visus ad 1/10. A causa della scarsa dilatazione della pupilla, il fundus risultava poco esplorabile. Sottoposto a due trattamenti laser, in parte servendosi di lente convergente di + 60 D tipo Abraham, si è eseguita una sezione al centro ed un’azione di riduzione dei due monconi residui. Al termine del trattamento il visus risultava stabilizzato sul 7/10 con lenti corneali. In totale abbiamo trattato in 6 mesi 20 occhi traumatizzati, 18 pazienti non hanno manifestato né immediatamente né a distanza un’elevazione della pressione oculare.
Due pazienti hanno presentato un aumento del tono per ¾ giorni dominato grazie ad un trattamento associato di cortisonici e di timoptol. Questi due pazienti presentavano una membrana molto spessa, una grande quantità di materiale lenticolare residue. Qualche paziente ha manifestato un tyndall cellulare senza aspetto infiammatorio per 1-2 giorni.
Qualche volta si è osservato, nel caso di sinechie irodocapsulari, piccole emorragiole riassorbite dopo 24 ore. In conclusione possiamo affermare che l’uso del laser Yag in campo traumatologico risulta molto utile, specialmente nei casi in cui ad una rottura del bulbo (corneare, corneo-sclerale anteriore) dopo la ricostruzione dello stesso, residuino membrane pupillari che inglobano il bordo irideo più o meno lacerato e la parte anteriore del vitreo.
In questi casi, specie quando vi è stato una tendenza alla subatrofia del bulbo nei primi mesi successivi all’intervento, qualunque approccio chirurgico sia dalla camera anteriore, sia per via parsplana, comporta, quasi sempre, a prescindere dal risultato immediato dell’intervento, l’atrofia bulbare dovuta ad un riaccendersi della lunga sofferenza dei corpi ciliari.

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