M. Stirpe, S. Fruscella, C. Villani
Ospedale polispecializzato – Roma
Gli autori hanno presentato tre casi con proliferazioni retino-vitreali post-traumatiche. Il primo caso trattava di un bulbo perforato da parte a parte da un pallino da caccia; in esso è stato rimosso il vitreo e tutte le membrane neoformate. Nel secondo caso era presente una membrana di proliferazione post-emorragica che stirava la retina. Il terzo caso trattavasi di un trauma contusivo grave con emorragia vitreale e formazione di una densa cotenna proliferante che stirava la retina; dopo avere asportato le prime membrane era stato introdotto olio di silicone per distendere la retina e poter aggredire le membrane posteriori.
Studio ecografico nelle emorragie endobulbari post-traumatiche:
indicazione alla vitrectomia
M.Perotto, A. Valli, G. Bagnasacco
Ospedale Oftalmico di Torino, Div. Di Traumatologia: Primario Prof. G. Bellone
L’ecografia del vitreo è stata messa a punto nella tecnica di esecuzione e nelle sue possibilità 15 anni fa a Torino, da Bellone e Gallenga. Se allora poteva sembrare un esame di significato più teorico che pratico, non avendo importanza eccessiva riconoscere una briglia retinovitreale o stabilire se un’emorragia massiva del vitreo stava evolvendo verso la colliquazione o verso l’organizzazione, l’avvento delle tecniche di vitrectomia ha enormemente valorizzato queste ricerche che a tutt’oggi non risulta siano state superate. Nonostante che da almeno 15 anni si parli di ecografia retinovitreale, ancor oggi non è a tutti chiaro quali siano le reali possibilità di questo mezzo diagnostico per cui spesso chi pratica la vitrectomia si priva di informazioni molto utili. Per questo motivo preferiamo trattare più dettagliatamente l’esame con ultrasuoni del globo oculare in rapporto alla vitrectomia.
Materiale
Per le nostre ricerche ci avalliamo del 7200 MA Kretz che, per la sua capacità di riconoscere diversi tessuti tra di loro, è comunque da preferire. Si tratta di un apparecchio versatile e poco costoso che si impiega con una sonda da 8 Mhz poco o punto focalizzata. La sensibilità dello strumento viene standardizzata e periodicamente controllata a due livelli, uno tessutale, che è quello normalmente usato, l’altro vitreale che si usa solo per l’esame del vitreo. Chiunque possieda uno strumento può eseguirne la taratura su una provetta contenente 2,5 cc. di sangue intero citratato di 4.500.000 eritrociti od un fantoma artificiale in commercio per il livello tessutale. Per la sensibilità vitreale noi abbiamo proposto da diversi anni ed usiamo un coagulo di fibrina, ottenuto coaugulando plasma citratato.
Tecnica di esecuzione
Manualità, sistematicità nella ricerca, capacità di riconoscere gli artefatti: tutto ciò che si può riassumere sotto il termine di esperienza è il grosso limite dell’ecografia A-scan, limite che i corsi di ecografia devono comunque superare. In effetti l’integrazione fra la capacità di esplorazione da parte dell’esecutore e la conoscenza dei tracciati nelle varie condizioni, costituisce l’unica garanzia di una corretta interpretazione. L’evitare errati posizionamenti della sonda o di passare attraverso il segmento anteriore, l’avvertenza di mantenersi sempre perpendicolari al centro di figura dell’occhio, sono le prime raccomandazioni. L’esplorazione deve essere condotta sempre mantenendo la sensibilità dell’apparecchio al livello da noi chiamato tessutale. È possibile variare l’amplificazione solo quando tutte le informazioni a sensibilità tessutale sono state acquisite, aumentandola a livello vitreale per riconoscere le fini disomogeneità della camera vitrea o diminuendola per diversificare strutture con caratteristiche ecogene simili (ecografia DINAMICA). Un parametro importante da valutare è la motilità delle strutture esaminate, spontanea (vasi) o indotta (movimenti oculari). Questa è la tecnica dell’ecografia Cinetica nelle sue variazioni diretta, indiretta e indiretta oggettiva. L’esame ecografico non solo ha un’utilità per la diagnostica e la topografia della camera vitrea a mezzi opachi, ma consente anche la valutazione della progressione di una patologia oculare; assume quindi un notevole interesse la sua capacità di seguire l’evoluzione ecografica di un’emorragia massiva vitreale, importante come indicazione alla vitrectomia. Molto infatti si è discusso sul momento in cui intervenire in casi di emovitreo massivo. Mediante l’esame ecografico si può dedurre che: quando vi è colliquazione e il fondo è inesplorabile si può attendere ancora, in quanto l’evoluzione della malattia è completata. Se l’ultrasuonografia invece ci evidenzia una tendenza in senso organizzativo, è necessario intervenire al più presto per evitare la coartazione cicatriziale del vitreo con conseguente perdita totale del visus. I tracciati che noi otteniamo in A-scan delle più classiche alterazioni retinovitreali non sono mai stati ben accolti e compresi dai non specialisti che invano cercheranno in queste figure una corrispondenza con immagini ottiche. A questo proposito o l’equipe della vitrectomia è anche quella degli ecografisti, oppure sarebbe utile che l’ecografia riportasse su schemi dettagliati la traduzione dell’immagine ecografica in immagine ottica. In conclusione cosa ci dicono gli ultrasuoni, a fondo inesplorabile, che sia utile alla vitrectomia? Ci rilevano la presenza di un’emorragia massiva, se questa è fresca o di vecchia data, in questo caso se è totalmente colliquata e se in questa massa vi sono tralci organizzati, distacchi di retina o coaguli più o meno addensati. Inoltre ci indica la sede del distacco, se il contenuto è più o meno omogeneo, se vi sono briglie di trazione o membrane sulla sua superficie, se vi sono pliche retiniche ed in alcuni casi si possono addirittura evidenziare rotture giganti. E’ possibile anche valutare se un’emorragia o un fenomeno infiammatorio endobulbare sono evoluti in un’organizzazione connettivale e se vi sono membrane fisse o mobili. A fondo esplorabile l’utilità è molto minore, ma l’ecografia ci dice la natura di ciò che sta sotto la retina, ci dice se una formazione preretinica è aderente ad essa o ne è distaccata, se una massa di proliferante è più o meno consistente, se aderisce alla retina o ne è distaccata.