A.Valli
Osp. Oft. di Torino, Div. Traumatologia ed Ergoftalmologia – Primario: prof. G.Bellone.
L’avvento della microchirurgia in traumatologia ha posto problemi di precisione diagnostica che in molti casi si possono risolvere solo mediante un attento esame ecografico. Notevoli possono essere le funzioni di un esame ecografico eseguito tempestivamente in casi di patologia traumatica oculare, sia che si tratti di lesioni a bulbo chiuso che a bulbo aperto. Il tempestivo riconoscimento di patologie non obiettivabili tramite diretta esplorazione ottica può in diversi casi permettere una più rapida decisione terapeutica sia farmacologica che chirurgica. Essendo l’ecografia un esame di rapida esecuzione e di nessun disagio per il paziente, può essere considerato da preferire ad altre metodiche diagnostiche. Dividerei una ecografia dell’occhio e dell’orbita nel traumatizzato a scopo diagnostico, sia per stabilire una terapia medica, sia per acquisire informazioni sul tipo d’intervento che si dovrà eseguire ed una ecografia preoperatoria.
In traumatologia infatti si sono aperte delle grandi possibilità per l’ecografia in A-Mode nell’uso intraoperatorio, tali da costituire un impiego fondamentale in molti interventi, utilità paragonabile all’uso degli oftalmoscopi indiretti nel distacco di retina. L’uso preoperatorio comporta la presenza dello strumento a disposizione del chirurgo con sonde sterili e l’eventuale marcatura di punti cutanei o congiuntivali per indicare la direzione della sonda. È evidente che se tutte le tecniche in A-scan si possono impiegare nel traumatizzato è bene ricordare che si tratta a voltre di un bulbo aperto e quindi la manualità deve essere adeguata. In presenza di ferite aperte l’impiego del B-scan è molto limitato dall’esigenza di impiegare una sterilità nel mezzo di coniugazione tra sonda e l’occhio.
Per nostra esperienza la scansione settoriale è indubbiamente da preferirsi, unita ad uno strumento sufficientemente sofisticato da dare immagini leggibili e poco artefatte. Iniziamo a trattare della ricerca dei C.E. negli occhi e nell’orbita.
In questo caso qualunque ecografo A-scan in commercio può servire egregiamente alla bisogna; non abbiamo la necessità di avere uno strumento come il 7200 MA della KREITZ che finora è quello che risponde meglio all’indagine tessutale. Non starò a soffermarmi sulle varie tecniche di esecuzione dell’ecografia A-scan per ciò che riguarda il reperimento e la localizzazione esatta di un C.E. già noto, per esempio attraverso la radiografia, ricorderò solo che l’estrema difficoltà di rinvenire con certezza piccoli C.E. non radiopachi, specie se indovati in emorragie, rende di fondamentale importanza l’impiego del B-scan settoriale. Trovato il C.E. sarà poi compito dell’indagine A localizzarlo con esattezza e stabilirne i rapporti con la parete del bulbo.
Molto interessante risulta essere l’ecografia A impiegata preoperatoriamente in casi di C.E. mobili la cui posizione cambia fra il momento della localizzazione radiologica e quello dell’intervento. È tendenza della chirurgia moderna cercare di giungere il più vicino possibile ad un C.E. per non provocare danni alle strutture oculari durante l’intervento.
L’impiego dell’ecografia viene a dare un notevole contributo in tal senso. Un discorso a parte riguarda la vitrectomia e l’estrazione di C.E. attraverso questa tecnica. È chiaro che il C.E. viene raggiunto e poi estratto dopo chiarificazione del vitreo attraverso vitrectomia. Risulta assai utile in caso di gravi traumatismi oculari con emorragie massive poter stabilire con la sonda ecografica la posizione della retina e di eventuali altre strutture importanti dell’occhio, visto che all’inizio della vitrectomia la visione endobulbare è nulla.
Per questo tipo di impiego è bene disporre di sonde di diametro assai piccolo; noi impieghiamo una sonda d’argento del diametro di 2 mm e ne abbiamo in costruzione una dello stesso diametro della sonda del vitrectomo, ciò è possibile dato che come è noto il diametro delle sonde è inversamente proporzionale alla frequenza e, poiché l’impiego è endovitreale, si possono usare utilmente frequenze di 20 MHz. Un altro grosso problema traumatologico quale l’emorragia endo-oculare pura e semplice è l’emorragia associata a rottura del bulbo con grave sconvolgimento delle strutture interne vede nell’ecografia un impiego di grande utilità. Si capisce quanto sia importante avere un quadro preciso della situazione endobulbare per poter affrontare un intervento con le varie tecnologie di vitrectomia e di chirurgia del distacco di retina con qualche probabilità di successo. Primo tra tutti è il problema del seguire l’evoluzione delle emorragie endobulbari semplici.
Aspettare o intervenire? Solo l’istologia può riconoscere e differenziare con esattezza un melanoma da una raccolta di sangue coagulato o organizzato, in vivo ciò è possibile con le nostre tecniche di A-scan tessutale. Intervenire presto o più tardi? Nel corso che abbiamo tenuto due anni fa sulla vitrectomia, questo problema è stato molto discusso, ma nessuno degli interventi ha mostrato di avere le idee chiare sulla decisiva importanza di una diagnosi ecografica: esempio di come in una piccola specialità come la nostra, vi sia incomunicabilità fra super-specialisti. Ricorderò ancora che nel caso di rottura del bulbo il chirurgo si trova davanti sovente quadri in cui il campo pupillare appare come un diaframma rossastro che non si differenzia tra sangue coagulato o retina spinta in avanti o addirittura retina e coroide spinte in campo pupillare da un’espulsiva. L’ecografia ci permette di differenziare i vari quadri ed il chirurgo può così scegliere se operare il coagulo ematico, se triturare ed aspirare l’emorragia sottoretinica per via posteriore, ricostruendo la camera vitrea oppure, in caso di espulsiva già avvenuta, fare ampie sclerotomie e cercare di riportare sulla parete bulbare la coroide staccata. Per quanto riguarda le alterazioni di motilità oculare conseguenti a traumi orbitali, l’indagine ecografica di tipo A è, a volte, un importante mezzo per decidere se e quando intervenire. È possibile mettere in evidenza con l’ecografia sia la presenza di edemi o di ematomi a carico del muscolo stesso e delle sue guaine, sia lesioni da compressione da parte di ematomi orbitali, e seguirne l’evoluzione. Infatti se è bene non intervenire su molte diplopie contusive che si rivelano transitorie, è anche vero che grossi fenomeni cicatriziali possono rendere arduo un ripristino funzionale mediante interventi chirurgici. In tutti questi casi la radiologia può darci ben poco. Altro problema è quello degli incarceramenti muscolari nelle lesioni ossee nella parete inferiore e mediale dell’orbita.
L’ecografia può evidenziare molto bene il punto dove il muscolo è incarcerato e permettere al chirurgo di arrivare rapidamente sulla zona interessata. Venendo a parlare dell’orbita sempre in chiave ecografico-traumatologica, anche qui accenniamo ai C.E. In questi casi l’impiego dell’ecografia A-scan preoperatoria è molto importante. Tutti coloro che hanno provato ad estrarre un pallino da caccia da un’orbita sanno quanto questo malignamente tenda a sottrarsi alla pinza del chirurgo e come spesso i tentativi di sondarlo ottengano il risultato di spingerlo sempre più verso l’apice orbitario.
La sonda ad ultrasuoni ci dice con esattezza la distanza tra il fondo della ferita chirurgica e il C.E. e facilita molto le manovre di estrazione.
Ovvio è il discorso già fatto per il bulbo su reperimento e localizzazione A e B scan di C.E. addossati all’esterno della parete sclerale.
Un problema che si pone in particolare per l’orbita è la differenzazione fra una raccolta ematica organizzata e un tumore. Se il dato anamnestico è decisivo quando si tratta di casi recenti, non lo è più a distanza di tempo quando anche la denuncia di un pregresso trauma non è spesso dirimente. Si pone quindi il problema della diagnostica tessutale. Una diagnosi differenziale di questo tipo è spesso più difficile di quanto non si creda.
Nell’orbita siamo avantaggiati dalla notevole estensione della raccolta ematica, dalla topografia, dalla presenza di eventuali segni radiologici di lesioni ossee; si tratta però sempre di difficile differenziazione. Infine assai importante risulta l’ecografia nell’identificare retrazioni cicatriziali dei muscoli o loro attrazione in brecce orbitarie, la presenza di cisti, mucoceli post-traumatici provenienti dai seni paranasali e determinanti esoftalmo, fistole carotido-cavernose, eventuali comunicazioni con cisti traumatiche dei seni, non sempre chiaramente individuabili con esame radiologico.